“A scena aperta – incontri nei teatri storici dell’Emilia-Romagna”
Sabato 13 ottobre
Cinzia Forte soprano
Sandro Cappelletto voce narrante
Marco Scolastra pianoforte
testo e drammaturgia di Sandro Cappelletto
Gioachino Rossini
Tirana alla spagnola rossinizzata da Album italiano
Andantino moderato da Musique Anodine
Un Rien da Quelques riens pour album
Allegretto moderato da Musique Anodine
La fioraia fiorentina da Album italiano
O salutaris hostia da Petite Messe Solemnelle
Memento homo da Album pour les enfants dégourdis
Assez de memento: dansons da Album pour les enfants dégourdis
La Grande Coquette (Ariette Pompadour) da Album français
Ingresso gratuito
Ma quale silenzio! Gioachino Rossini non ha mai smesso di scrivere musica. Ne ha composta un fiume, un mare anche dopo quella che lui stesso chiama «la filosofica determinazione di abbandonare la mia carriera francese». Con il Guglielmo Tell, l’ultima sua opera che debutta a Parigi nel 1829, finisce un Rossini e ne nasce uno nuovo e diverso, che conosciamo troppo poco. Per altri 40 anni, fino al 1868, anno della morte, il musicista la cui fama - secondo le parole di Stendhal - era eguagliata soltanto da quella di Napoleone Bonaparte, percorre un sentiero di sfacciata libertà. Niente più impresari e contratti da onorare, cantanti da sopportare, pubblici da soddisfare, scadenze da rispettare, mani da stringere, sorrisi da elargire. Ricco ma malato di depressione, comincia a giocare con il mondo, a irriderlo, a detestarlo. Nascono in questo contesto i quattordici (!) volumi di quelli che lui stesso battezza Péchés de vieillesse, una gerla colma di doni nei quali il melodista sublime si unisce allo sperimentatore di nuove soluzioni armoniche e dove spesso prende il sopravvento un gusto che si può definire soltanto surrealista. Scettico fino al cinismo e irriverente, il Rossini dei Peccati rimane devoto unicamente alla propria arte, la musica. Che non tradisce mai.
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